Salvatore Cipolla

Allo studio di Salvatore Cipolla
di Mario Luzi


Lettera a Salvatore Cipolla
di Vincenzo Consolo


Reliquiari dell’anima
di Alessandro Coppellotti


La terra, i sogni, l’energia vitale e la ceramica espressiva
di Maurizio Vanni

Oltranza figurativa e terrestrità
di Antonio Paolucci


Allo studio di Salvatore Cipolla

di Mario Luzi 

 Qualcosa di quel certo fatale miscuglio vulcanico – sismico - barocco c’è in Salvatore Cipolla - penso mentre l’artista catanese illustra le sue ultime creazioni ceramiche. Sono una serie di splendidi piatti murali che reinventano un quattrocento rigoroso, prospettico - tema centrale cavallo e cavaliere chiuso nella sua armatura - e nello stesso tempo lo sottopongono alla dinamica di una dirompente casualità. Ne riesce spezzata la coerenza ordinaria dell’immagine, sconvolta la forma regolare del manufatto. Tra il bianco e il grigio, nelle terre, e in altre tonalità "di natura" i passaggi sono incredibilmente delicati e luminosi. Una cifra stilistica assai alta solleva questi raggiungimenti al di sopra della pur vivida fantasia che tutti riconoscono alla produzione di Cipolla: e forse anche la tecnica ha tratto qui dalle altissime cotture del grès qualcosa di più che le mirabili morbidezze cromatiche da anni alla portata dell’artista (come attestano nel piano sottostante dello studio vasi, figure scolpite, oggetti di ogni foggia immersi nella luminosità che essi creano o nelle oasi di chiara opacità che di quando in quando un particolare procedimento di combustione consente di ottenere).
Scorrono sotto gli occhi i vari prodigi di una perizia mai soddisfatta, di una ricerca senza pause, di una sfida vittoriosa alle consuetudini; ma anche gli allarmi di una invenzione inquieta che traduce le disarmonie e le crudeltà del tempo, con pietà e con rivolta. Cipolla parla frattanto delle sue escursioni nella sensibilità e nella sapienza, anche in fatto di colore, degli orientali, dei suoi studi, delle sue esperienze di mestiere e di tutte le acquisizioni che hanno contribuito a fare della tecnica un processo sempre meno esteriore, sempre più intrinseco alle sue fondamentali motivazioni.
Siamo a questo punto già molto significativo della identificazione dell’artista quando Cipolla esce in una affermazione che mi colpisce a fondo. "Tra te e la riuscita dell’opera c’è di mezzo il fuoco" - dice, ancora parlando della ceramica. Allora, trattando dell’intervento mai del tutto addomesticabile di un’energia così primaria com’è il fuoco, sento tutta la forza d’avventura che Cipolla riconosce nella sua arte. Il fuoco e l’incognita della sua opera. Non li subisce lui come una limitazione ma anzi li esalta come una collaborazione da parte della vita e dei suoi elementi e come una immedesimazione dell’artista con tutto il vivente e con la sua vicenda. Immediatamente la sua figura trapassa in una sfera più alta. Il ceramista (e lo scultore) esce dal territorio circoscritto della sua arte che beninteso ha tutto esperito nella ricerca di perfezione specifica, con mai sazia ambizione tecnica e inventiva; ed entra a far parte di quegli artisti, rari, che partecipano del principio stesso della creazione e lo sentono e se ne investono.