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Allo studio di Salvatore Cipolla
di Mario Luzi
Lettera a Salvatore Cipolla
di Vincenzo Consolo
Reliquiari dell’anima
di Alessandro Coppellotti
La terra, i sogni, l’energia vitale e la ceramica espressiva
di Maurizio Vanni
Oltranza figurativa e terrestrità
di Antonio Paolucci
Lettera a Salvatore Cipolla
di Vincenzo Consolo
Egregio artista,
mi
permetta, prima di parlare di lei, della sua arte, un personale
ricordo. In anni remoti vidi in San Pietro, dentro la Basilica tra gli
assoluti capolavori dei più grandi, una statua di Francesco Messina, un
ritratto del papa Pacelli, di Pio XII. Ecco, Messina, suo e
mio conterraneo, è stato, mi sembra, uno degli artisti moderni più
formalmente sereno, più "classico", più accademico, si direbbe, cantore
di grazia e di bellezza. Eppure, in quel ritratto di Pacelli, quando
allora lo vidi, mi parve che Messina avesse voluto creare uno squarcio
nel suo edenico mondo, avesse voluto far vedere altro, altro che non
fosse supposto equilibrio, ideale armonia; altro che rivelasse,
attraverso la figura di quel papa, un tempo di acuta tragedia del mondo
- le dittature nazi-fasciste, e la conseguente guerra di distruzione e
di morte - altro che rivelasse la più vera e terribile realtà. L’altro,
in quella statua, lo vidi nel volto ossuto, scavato di quel pontefice,
negli occhi, inclusi nei due cerchi degli occhiali, nelle mani scarne,
artigliose che fuoriuscivano dal gran piviale. Ecco, voglio dire che
ogni edenica bellezza e possanza, di Michelangelo o di Rodin, ogni
voluta grazia nasconde sempre in sé un’incrinatura, uno squarcio che
rivela la realtà più vera della condizione e della storia umana.
Da
quello squarcio mi pare lei parta per rappresentare nel modo più
espressivo, e quindi più drammatico, quella realtà. Dalla goyesca
parodia de "Il potere genera nani" del Goya più che dalle incrinature
del "La famiglia di Carlo IV" arriva fino ai "Capricci", ai "Disastri
della guerra", lei fa vedere, con in nani del potere, con le
mostruosità dei Cardinali, con l’urlo straziante delle Madri di
Algeria, tutte le nostre storture, ferocie, tutto il dolore e lo
strazio del nostro tempo (le madri d’Algeria sono oggi anche le madri
irachene).
Oltre che nelle forme, lei rappresenta oggi la nostra
realtà con l’innesto forzato, stridente dei materiali: legno, vetro,
grès; l’organico e l’inorganico. L’aria, l’acqua, la terra e il fuoco.
I quattro elementi empedoclei che l’Odio o Discordia separa. L’Odio, la
Discordia del tempo attuale.
Milano, 5 aprile 2003
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